"Le quote rosa sono un modo per innescare un cambiamento, anche io la trovavo una cosa orrenda perché chi fa scienza non vuole essere invitato alle conferenze perché è femmina o perché ha il naso a punta, ma per la sua scienza" ma "è un male necessario, è l'unico modo per agire mentre si aspettano gli effetti del cambiamento culturale lentissimo che deve aver luogo". Lo ha detto all'ANSA in occasione dell'8 marzo, Domenica Bueti, neuroscienziata che dirige il laboratorio "Time Perception Lab" della Scuola internazionale di studi avanzati di Trieste (Sissa) ed è coordinatrice del Comitato unico di garanzia dell'istituto stesso. Per Bueti le quote rosa "sono un modo per mettere a sistema la presenza del diverso, che poi cambierà le cose dall'interno, partecipando alle scelte, arricchendo i consessi di cui farà parte con la sua prospettiva unica e fornendo un modello per le generazioni future".