
Miliardi di volte più deboli di quelli di una piccola calamita da frigo e confrontabili con i campi magnetici generati dai neuroni nel cervello umano: così potrebbero essere stati i campi magnetici formatisi nell’Universo primordiale. Eppure, della loro esistenza rimane traccia nella ragnatela cosmica, l’impalcatura che connette le strutture cosmiche visibili nell’Universo. È questa l’evidenza emersa da uno studio che ha utilizzato un numero elevatissimo di simulazioni al computer, un quarto di milione, eseguito da un’equipe della SISSA in collaborazione con le Università di Hertfordshire, Cambridge, Nottingham, Stanford e Potsdam.
Il risultato ottenuto con le simulazioni è stato poi confermato dal confronto con i dati osservativi. Appena pubblicata sulla rivista Physical Review Letters, questa ricerca definisce sia un valore massimo per i campi magnetici primordiali sia un possibile valore dei campi magnetici primordiali stessi. Lo studio permette anche di affinare le nostre conoscenze dell’Universo nei suoi istanti iniziali e sulla formazione delle prime stelle e galassie.