
La regolazione genica è stata a lungo descritta come una sequenza di passaggi distinti: prima i fattori di trascrizione accendono o spengono i geni, poi altre molecole intervengono per processare l’RNA e avviare la produzione di proteine. Ma un numero crescente di risultati suggerisce che questa divisione dei compiti potrebbe non essere così netta. Un nuovo studio della SISSA, guidato da Antonello Mallamaci e pubblicato su Neural Regeneration Research, mostra che una parte significativa dei fattori di trascrizione nei mammiferi può interagire fisicamente con proteine coinvolte nelle fasi successive dell’espressione genica.
Lo studio rivela che circa il 20% dei fattori di trascrizione noti nei mammiferi interagisce con proteine implicate in processi come lo splicing, la poliadenilazione, il trasporto dell’RNA e l’inizio della traduzione. Queste interazioni, identificate attraverso un’analisi sistematica di dataset pubblici e confermate da evidenze sperimentali, suggeriscono che la regolazione genica possa spesso basarsi su meccanismi più integrati di quanto si pensasse finora.
I risultati sollevano anche domande di natura evolutiva. Questa multifunzionalità potrebbe essersi sviluppata per evitare la duplicazione genica in sistemi sensibili al dosaggio, per garantire un coordinamento più stretto in tessuti come il sistema nervoso, oppure come conseguenza del riutilizzo selettivo di sequenze proteiche capaci di legami deboli con l’RNA. Le tre ipotesi richiederanno una validazione sperimentale, ma trovano già un sostegno nei dati disponibili. «Saranno necessari ulteriori studi per capire quanto sia diffuso e rilevante questo fenomeno nei diversi tessuti» spiega Mallamaci. «Ma il fatto che una stessa proteina possa assumere due ruoli regolatori così distinti rappresenta già un allontanamento significativo dal modello classico dell’evoluzione dei fattori di trascrizione».
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