La proteina PIN1 ha un ruolo fondamentale per la struttura del nucleo cellulare e per proteggere il DNA in esso contenuto da stress di natura meccanica. Quando è assente o presente in quantità ridotte, come accade nei neuroni dei pazienti colpiti dalla malattia di Alzheimer, il DNA perde la sua organizzazione, vengono prodotte molecole che scatenano l’infiammazione e le cellule degenerano.
È questo il meccanismo indagato nello studio recentemente pubblicato su Cell Reports condotto da un gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Giannino Del Sal e composto da ICGEB, UNITS, IFOM di Milano che ha visto il coinvolgimento anche della SISSA. Il ruolo chiave di PIN1 nella regolazione di alcuni processi fisiologici era già noto: alti livelli di questa proteina nelle cellule sono associati alla comparsa di tumori e metastasi mentre bassi livelli o la sua totale assenza si riscontrano in caso di malattie degenerative come l’Alzheimer.
Lo studio in questione si è concentrato sulla comprensione dei meccanismi molecolari che in assenza o in caso di scarsi livelli di PIN1 portano alla degenerazione cellulare. In particolare ha mostrato il ruolo della proteina nel limitare l’attivazione anomala di elementi mobili del genoma delle cellule, detti trasposoni, che sono tra i principali responsabili del danneggiamento del DNA.
“È stato dimostrato che la funzione di Dodo/Pin1 si conservata dal moscerino della frutta sino ai vertebrati, compreso l’uomo, ed è fondamentale per prevenire la neurodegenerazione innescata dalla mobilizzazione anomala di elementi trasponibili”. Afferma Antonello Mallamaci, alla guida del Laboratorio di Sviluppo della Corteccia Celebrale della SISSA che ha contribuito alla modellazione di questi fenomeni nelle cellule cortico-cerebrali murine.
Lo studio ha coinvolto anche il Laboratorio di Genomica Computazionale della SISSA, come afferma il suo Responsabile Remo Sanges: “Il nostro laboratorio ha contribuito alle analisi bioinformatiche e sperimentali sviluppando e applicando nuove strategie specifiche per l’identificazione e la quantificazione dell’attività degli elementi trasponibili”.
La ricerca apre le porte alla possibilità futura di modulare farmacologicamente i livelli della proteina allo scopo di prevenire o migliorare il decorso di malattie dell’invecchiamento come l’Alzheimer.
Comunicato stampa ICGEB; UNITS e IFOM